Definita da Cicerone “la più grande e più bella fra tutte le città greche”, Siracusa è una città piena di sorprese, un luogo unico e di grande fascino. Il suo territorio parte dal mare e dalle spiagge della costa orientale e, dopo un tratto pianeggiante, inizia a salire fino a raggiungere i monti Iblei. Dal 2005 è considerata patrimonio dell’umanità Unesco, motivo d’orgoglio nel panorama siciliano.
Siracusa è tra le principali città d’arte in Europa. È colma di pregevoli monumenti e luoghi d’interesse. Deve le sue innumerevoli testimonianze architettoniche e culturali a una storia altrettanto ricca e antica.
«L’evidente stratificazione culturale, architettonica e artistica nel complesso di Siracusa/Pantalica è un’eccezionale testimonianza della storia e della diversità culturale della regione di Siracusa in oltre tre millenni dal periodo Greco al Barocco. »
(Unesco, Syracuse and the Rocky Necropolis of Pantalica.)
L’Unesco annovera Siracusa tra i patrimoni dell’umanità utilizzando quattro criteri, tra i quali l’eccezionale importanza universale degli eventi che qui si verificarono (VI criterio) e la straordinaria diversità culturale concentrata in un unicum spazio (II criterio).
L’area individuata dall’Organizzazione culturale delle Nazioni Unite comprende la salvaguardia e protezione dei monumenti che si trovano presso il primo nucleo storico di Siracusa: l’isola di Ortigia; presso il secondo più antico quartiere della città: l’Acradina; il vasto parco archeologico della Neapolis; Tiche, con le fortificazioni d’epoca dionisiana e l’area di Scala Greca; l’altopiano dell’Epipoli e il castello Eurialo edificato sulla sua cima.
Siracusa abbraccia nel suo insieme un patrimonio architettonico-culturale di oltre duemilacinquecento anni, custodendo nei suoi musei reperti archeologici di un’antichità ancora maggiore rispetto alla sua fondazione greca.
Siti archeologici
Lungo tutto il percorso della regione siracusana si possono osservare rilevanti testimonianze archeologiche. La città possiede uno dei più estesi ambienti archeologici del Mediterraneo, racchiuso in un parco che porta il nome del quartiere in cui sorge: il parco archeologico della Neapolis. Esso copre 240.000 mq di superficie urbana e custodisce al suo interno alcune delle più imponenti testimonianze della Siracusa greco-romana:
Il teatro greco, che serviva per lo svago della popolazione, ma anche per le assemblee politiche (qui svetta solitario l’ultimo dei mulini di Galerme).
La grotta del Ninfeo, dove sgorga l’acqua dell’Anapo e dove un tempo si preparavano gli attori prima di scendere nel teatro.
L’anfiteatro romano: in quello aretuseo si mettevano in scena persino gli spettacoli acquatici, oltre alle lotte tra gladiatori.
L’Orecchio di Dionisio, così chiamata per la prima volta da Caravaggio durante la sua permanenza a Siracusa. Si pensa fosse una prigione greca.
Sempre all’interno del parco archeologico sorgono una serie di interessanti complessi tombali: la Via dei Sepolcri (dove si tributava ai defunti il culto degli Eroi), i sarcofagi romani siti nei pressi dell’anfiteatro e la necropoli Grotticelli, il cui tratto più importante è dato dalla tomba di Archimede, detta presunta poiché il periodo e il luogo dello scavo in realtà non coincidono con ciò che si racconta sull’uccisione e sulla sepoltura del famoso matematico: egli infatti, secondo Cicerone, fu sepolto a sud di Siracusa: forse nei pressi del fiume Ciane, ma la perdita della tomba originaria (contrassegnata dalla figura di una sfera e di un cilindro) e la tradizione formatasi nei secoli hanno consacrato questo sito come simbolica tomba del più noto tra gli antichi siracusani.
Le necropoli sono l’elemento strutturale più presente nei siti archeologici aretusei: l’area geografica è famosa per la peculiarità sicula di scavare i propri sepolcri dandogli nel complesso le fattezze di un alveare: Pantalica è l’esempio maggiore di ciò, ma anche a Siracusa si rinviene nelle pareti calcaree questa millenaria usanza. Essa ha dodici gruppi di necropoli che vanno dall’VIII sec. a.C. all’epoca bizantina; per citare alcune delle più grandi e antiche (oltre alla su menzionata Groticelli): a sud-ovest della città si trova la necropoli del Fusco, al centro quella dell’Ospedale civile e di Santa Panagia, mentre a nord vi è il largo perimetro della necropoli della Targia.
Il sito di Stentinello ha restituito i reperti preistorici più antichi della Sicilia, è un villaggio del neolitico situato nei pressi dell’ingresso nord della città di Siracusa, ormai non più visitabile purtroppo, databile al V millennio a.C. Qui sono stati trovati reperti di grande importanza storica quali oggetti in selce e ossidiana, oggetti in osso e ceramiche dalle forme e decorazioni caratteristiche.
La zona di Ognina a sud della città di Siracusa comprende molte tracce di antica frequentazione, infatti, oltre a mostrare sugli scogli i segni della presenza di un villaggio neolitico, nei primi secoli del II millennio a.C. sull’isolotto, originariamente unito alla terraferma da un istmo roccioso ancora visibile nel fondale, si stabilì una colonia di origine maltese della cultura del Bronzo antico. Ad Ognina sono molte le grotte sottomarine da visitare, i resti di carraie e di fornaci di epoca greco-romana, i resti di oratori e catacombe bizantine.
Castelluccio di Noto è un sito archeologico localizzato tra i comuni di Noto e Palazzolo Acreide e che ha dato il nome all’omonima cultura di Castelluccio. Il sito risale al periodo compreso tra il XIX ed il XV secolo a.C. e, pertanto, alla prima età del bronzo siciliana. Gli studiosi hanno individuato la necropoli e il piano dell’abitato. La necropoli consta di oltre 200 tombe a grotticella artificiale, scavate nelle pareti ripide della vicina cava della Signora. La più monumentale è la cosiddetta “Tomba del Principe” con un prospetto costituito da quattro finti pilastri.
Thapsos è uno dei più importanti siti protostorici siciliani. Gli studiosi hanno determinato che il periodo in cui fiorì la cultura di Thapsos, che successe alla cultura di Castelluccio, è tra il 1500 a.C. e il 1200 a.C., la cosiddetta media età del Bronzo, e rimase in vita fino al all’VIII secolo a.C., in coincidenza con la colonizzazione greca della Sicilia orientale. Thapsos sarebbe stata la prima effimera sede di una colonia di greci Megaresi i quali abbandonarono il sito per mancanza d’acqua e fondarono a poca distanza Megara Iblea.
La Necropoli rupestre di Pantalica, Bene protetto dall’Unesco, patrimonio dell’Umanità: nel XIII-XII sec. a.C. i Siculi a seguito di influenze micenee crearono la famosa “città dei morti” rappresentata da immense necropoli, con migliaia di tombe che punteggiano gli strapiombi rocciosi che isolano lo straordinario scenario di questo antico sito montano.
A Megara Hyblaea, città fondata dai Megaresi greci accolti dal re siculo Hyblon, è stata rinvenuta la più straordinaria “Dea Madre”, la Kourothophos, la più sconcertante dea cosmica della procreazione in una colonia greca di occidente, fondamento dell’identità mediterranea, espressione alta e senza confronti del concetto di creazione.
I reperti relativi alle culture che hanno popolato questi luoghi sono oggi esposti al Museo archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa.
Architetture religiose
I culti e templi dell’antica Siracusa risalgono all’epoca preistorica, greca e romana della città.
Siracusa durante l’epoca greca fu il principale centro culturale e religioso della Sicilia. Grazie ai contatti con i diversi popoli del Mediterraneo la polis si arricchì di culti e dèi venerati presso i templi.
Le prime testimonianze architettoniche religiose sono databili all’epoca preistorica, mentre la cultualità degli antichi Greci fece sì che in città sorgessero imponenti aree votive, come l’Ara di Ierone (la più grande in assoluto del suo tempo), e numerosi templi, dei quali il più significativo e ben conservato è il tempio di Atena (convertitosi in chiesa con l’avvento del cristianesimo).
Il tempio più vetusto di Siracusa è rappresentato dalla casa eretta per il dio del sole Apollo. Risalente al VI secolo a.C., esso è anche il più antico tempio siciliano in stile dorico consacrato a tale divinità. Per la dea lunare Artemide invece, considerata dagli antichi Siracusani nativa della loro isola, venne eretto l’Artemision, accanto all’edificio della dea della sapienza.
Sempre nel VI secolo a.C. sorse nelle campagne che fronteggiano il mare, tra l’isola di Ortigia e la penisola della Maddalena, il tempio per Zeus Olimpico, al giorno d’oggi chiamato dai siracusani «i ru colonne» (le due colonne); esso è una delle tangibili testimonianze che ricordano il legame tra l’antica Siracusa e la sede dei sacri agoni olimpici. In questa zona si sostiene si trovino anche i resti di un edificio costruito per la ninfa Ciane, essendo molto vicini all’omonimo fiume.
Nella strada che un tempo conduceva alla sub-colonia di Eloro, e per questo chiamata via Elorina, poco prima dell’uscita sud della città, sorge il complesso monumentale conosciuto con il nome di Ginnasio romano di Siracusa, all’interno del quale si possono osservare i resti di un tempio, ancora di incerta dedica (forse divinità egiziane) che Cicerone descrisse nelle sue cronache. Altro sito significativo appartenente allo stesso periodo storico è il Foro siracusano (antica agorà della pentapoli in seguito divenuto forum) che si trova dove c’è l’odierna piazza Marconi.
La polis era inoltre famosa per essere la sede principale di diffusione del culto siciliano per le divinità ctonie Demetra e Kore, alle quali era dedicata una vasta area votiva rinvenuta nei pressi di Piazza della Vittoria. Sempre alla Madre terra e a sua figlia erano dedicate altre aree votive sparse per la città, quali ad esempio in zona Acradina. Ancora numerosi altri resti di templi consacrati agli Olimpi e alle divinità minori, con rilevanza per il luogo geografico, si trovano distribuiti per tutto il suolo urbano ed extra-urbano.
I luoghi di culto della religione cristiana costituiscono la maggior parte del patrimonio artistico-religioso siracusano. Molteplici le strutture dal richiamo storico, alcune rappresentate persino da anfratti naturali, come le grotte adibite per il rito liturgico.
Una peculiarità siracusana è quella di avere incorporato interamente uno dei suoi templi greci più importanti, il tempio di Atena, facendolo divenire una chiesa cristiana (cattedrale della Natività di Maria Santissima), ancora oggi è possibile ammirarne le imponenti colonne in entrambi i lati delle navate dell’edificio; meglio noto semplicemente come Duomo di Siracusa (che dà il nome all’omonima principale piazza), va annoverato tra le più arcaiche e notabili strutture architettoniche sorte con il primo cristianesimo e modellatesi lentamente nel corso del tempo. La Cattedrale è infatti la più alta testimonianza barocca a Siracusa, grazie alla splendida facciata realizzata da Andrea Palma tra il 1728 e il 1753. Se si sceglie come punto di osservazione la scalinata del Duomo, si vedranno delle linee nere realizzate con piombo fuso, che formano un rettangolo all’interno di un altro, segnate sulle basole della pavimentazione della piazza. Esse indicano l’esistenza nel sottosuolo delle tracce del più antico edificio sacro della Siracusa greca, un semplice òikos, una casa di culto, della fine dell’VIII sec. a.C. Esso venne inglobato in un tempio di fine VII-VI a.C. rappresentato dal rettangolo più grande. Sappiamo che la prima preoccupazione dei Greci, quando fondavano una città, era quella di sacralizzare il suolo; possiamo ritenere che questo tempietto rappresenti l’atto di fondazione della colonia.
La tradizione afferma che il secondo edificio cattolico più antico di Siracusa dopo il Duomo è dato dalla chiesa di San Giovannello (consacrata a San Giovanni Battista), costruita nel quartiere della Giudecca. Millenaria è anche la chiesa di San Giovanni alle catacombe, che durante la dominazione islamica pare abbia sostituito la cattedrale assumendone il ruolo. L’edificio è privo del soffitto, andato distrutto a causa delle calamità naturali che lo coinvolsero, e rappresenta la porta d’ingresso per una delle più ampie catacombe siracusane (nella loro totalità esse sono, insieme a quelle di Roma, le più vaste al mondo), quella di San Giovanni. Sempre sotto la chiesa in questione sorge la cripta che si presume ospitasse le reliquie del protovescovo Marciano.
Risalenti all’epoca dei Normanni sono invece la chiesa di San Nicolò ai Cordari (che a sua volta sovrasta un edificio di età paleocristiana), la chiesa di San Martino e la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, la cui adiacente rotonda, come suggerisce il nome della chiesa, venne edificata nel Seicento con l’intento di farla divenire il sepolcro della Santa patrona della città (le cui spoglie mortali sono però rimaste a Venezia, dopo che vennero sottratte a Siracusa dai Bizantini). La chiesa di Santa Lucia alla Badia è l’altra importante struttura dedicata sempre alla Santa patrona.
Di particolare interesse sono anche le chiese appartenute ai Cavalieri di Malta: la loro prima chiesa fu quella di San Sebastianello (San Sebastiano è il compatrono dei siracusani), mentre in seguito si trasferirono nella chiesa dei Santi Biagio e Leonardo; del primo edificio, eretto in epoca bizantina, rimane visitabile soltanto la cripta posta accanto al tempio preistorico, mentre del secondo, che risale al 1500, si può osservare solo il prospetto esterno, che si affaccia sulla piazza dei Cavalieri di Malta.
Tra le recenti edificazioni (XX secolo) spiccano il Pantheon di Siracusa, al cui interno si trovano le spoglie dei caduti della prima guerra mondiale, e il santuario della Madonna delle Lacrime, sorto per ricordare l’evento mariano miracoloso del 1953: il santuario, dalla forma piramidale che ricorda una goccia, rappresenta la chiesa più alta dalla città, visibile da elevata distanza.
In città trovano sede anche strutture di altre religioni. Il monumento più notevole è il Miqweh, risalente all’epoca bizantina, descritto spesso come il più grande e antico bagno rituale ebraico d’Europa, che si trova nel quartiere della Giudecca. Siracusa ospita inoltre un cimitero acattolico (sito all’interno della villa Landolina) nel quale si trovano le spoglie del noto poeta tedesco August von Platen e quelle di alcuni caduti americani del primo conflitto mondiale.
Architetture civili
Le architetture di Siracusa mostrano quasi sempre facciate bianche (tendenti al beige o al giallo-oro), poiché esse sono state erette con la pietra bianca degli Iblei, detta pietra giuggiulena (pietra torrone) per la sua modellabilità. Per tale motivo Siracusa viene spesso appellata anche come «la città bianca».
La maggior parte dei numerosi e antichi palazzi nobiliari si trova sull’isola di Ortigia, poiché in epoca medievale e rinascimentale la città era esclusivamente racchiusa al suo interno, mentre la Siracusa di più recente edificazione ospita gli edifici di carattere amministrativo e governativo, ad esempio il plesso ospedaliero e il tribunale di giustizia. Tra le prime costruzioni civili dell’età post classica si annoverano la trecentesca sede della Camera Reginale e il trecentesco palazzo Mergulese-Montalto, in stile gotico chiaramontano. In città permangono altre architetture medievali, soprattutto del periodo aragonese-catalano: esempi ne sono il palazzo Bellomo e gli elementi sopravvissuti del palazzo Zapata-Gargallo, appartenuto alle omonime prestigiose famiglie (un loro discendente fu il fondatore dell’originario borgo di Priolo Gargallo, Tommaso). Tuttavia è dopo il terremoto seicentesco, e quindi con la conseguente ricostruzione, che fa la sua comparsa lo stile predominante di Siracusa: il barocco siciliano. La città ha dato i natali ad uno dei principali esponenti di questo stile: l’architetto Rosario Gagliardi.
Il palazzo del Vermexio, attuale sede del governo comunale, rimane uno dei maggiori esempi dell’arte barocca applicata ad un edificio amministrativo. L’evoluzione definitiva del barocco fu il rococò; Siracusa ne mostra chiaramente gli elaborati segni: palazzi come il Beneventano del Bosco, l’Impellizzeri, il Borgia del Casale (proprietà del ramo siracusano dell’influente famiglia dei Borgia) vennero edificati adottando li suddetto stile ornamentale.
L’edificio che ospita la curia siracusana è il palazzo Arcivescovile; al suo interno sono visibili vari secoli di mutazioni architettoniche: dall’edificazione sveva a quella settecentesca e ottocentesca. Risalgono direttamente all’800 e riflettono gli stili liberty e neoclassico (singolarmente o alle volte entrambi) i palazzi intitolati: della Sovrintendenza ai Beni Culturali, dell’Orologio (così chiamato per via del grande orologio meccanico che sovrasta la sua sommità), dell’Antico mercato, della Camera di Commercio.
Ottocentesco è anche il palazzo del teatro comunale di Siracusa, costruito affinché «la terra di Epicarmo avesse un teatro adatto» ad ospitare la vita artistica della popolazione. Un decennio dopo venne inaugurato il palazzo della stazione ferroviaria e a seguito di ciò vi fu l’inaugurazione dell’edificio per la stazione marittima (odierna sede della Capitaneria di Porto).
Nella prima metà del Novecento vennero realizzati il palazzo dell’hotel Des Etrangers, del Grand Hotel (entrambi tra i più antichi hotel siracusani) e il palazzo delle Poste (odiernamente convertito anch’esso in struttura ricettiva).
Le principali e storiche ville della città sono essenzialmente tre: Politi, Landolina e Reimann. La Villa Politi sorge sopra le latomie siracusane (nata come Grand Hotel Villa Politi) e venne edificata nel XIX secolo dalla nobile austriaca Maria Theresa Laudien, moglie del siracusano Raffaello Politi, la quale con il suo operato le fece conferire la nomea di «salotto internazionale» (tra le tante personalità ospitò anche i principi del Piemonte e Churchill).
La Villa Landolina, sita nel quartiere della Neapolis, è anch’essa una dimora del XIX secolo. Porta il nome della famiglia Landolina, il cui più illustre membro fu l’archeologo e naturalista Saverio Landolina (fu egli che scoprì la nota Venere siracusana e che difese la colonia spontanea dei papiri aretusei). Accanto ad essa, dentro il suo terreno, è stato costruito il museo archeologico regionale Paolo Orsi. Un grande parco alberato e tombe dei caduti di altre nazioni completano la sua complessa area.
Villa Reimann invece, conosciuta anzitutto per il suo particolare ed esteso giardino (copre 35.000 mq di suolo urbano), che è detto «Giardino delle Esperidi», sorge a pochi passi dalla necropoli della tomba di Archimede e prende il nome dalla nobile infiermiera danese Christian Reimann, che trasferendosi a Siracusa acquistò l’immobile nel 1933. Per volere della stessa nobil donna, la Villa odiernamente è divenuta proprietà del comune. La Reimann, in un carteggio con all’epoca ministero dei beni culturali, così la descriveva: « …una delle più suggestive di Siracusa, da cui si affaccia ai piedi della collina che dolcemente degrada, interrotto dal verde dei giardini e degli orti, il cerchio ceruleo del porto, chiuso dalla mite linea dei colli e lontano dall’azzurro mare Ionio.»
Meritevole di attenzione è anche la Villa Bonanno (nota pure come castello per via del suo aspetto imponente), ormai purtroppo in stato di abbandono, la quale sorge nella zona di Tremilia. Inizialmente fu un inglese, Gould Francesco Leckie, che nel 1700 ottenne la concessione dell’antico terreno ecclesiastico (nel VI secolo aveva ospitato il convento San Pietro de Bajais e dal 1104 il monastero benedettino del vescovo Ruggero, donatogli dal conte Tancredi d’Altavilla). Leckie vi costruì un mulino e una chiesa, in seguito i baroni siracusani Bonanno gli subentrarono ed eressero l’edificio chiamato castello.
Architetture militari
La città di Siracusa ha fin dalle sue origini dedicato molto spazio alle architetture con scopi militari. Al principio sorse il castello Eurialo (ubicato nell’odierna frazione di Belvedere), voluto dal tiranno Dionisio il Grande come perno difensivo e punto di congiunzione delle sue lunghe mura, alzate contro gli assalti dei Cartaginesi e di altri popoli dalle intenzioni bellicose (Siracusa in quel periodo aveva appena respinto l’offensiva di Atene, sentiva quindi la necessità di aumentare le proprie difese per far fronte ad altre guerre). In seguito vi mise mano anche Archimede, rendendo il castello ancora più ricco di insidie per i nemici della pentapoli. Si tratta dell’opera militare che quando millenni dopo fu vista dal Kaiser tedesco, Guglielmo II di Germania, venne presa ad esempio per la guerra di tunnel e trincee combattuta dalla sua nazione.
Nella prima metà del XIII secolo sorse il castello Maniace, in stile gotico, progettato da Federico II di Svevia su di un forte precedente, a sua volta realizzato dal generale bizantino Giorgio Maniace; a lui Federico intitolò la propria costruzione. Questo castello, considerato come una delle più rappresentative architetture federiciane, rivestì un importante ruolo nella vita militare della città medievale: adibito a prigione e usato per contrastare le incursioni piratesche. Ma quando giungevano i sovrani era in grado di divenire anche un’elegante sede di corte.
Con l’avanzare dei secoli del primo millennio dopo Cristo, Siracusa venne sempre più fortificata. Nel Millecinquecento, sotto il dominio degli spagnoli, venne distrutta la gran parte dei monumenti greco-romani (alcuni già compromessi dai molteplici terremoti) per riutilizzarne la pietra, costruendo così poderosi bastioni e muraglie, che mutarono definitivamente l’aspetto della città.
Le fortificazioni della città e il regime militaresco nel Seicento e Settecento raggiunsero un livello tale che la Siracusa di quel periodo è stata definita «una caserma abitata da civili», ma anche la «piazzaforte d’Europa», pensata per risultare inespugnabile. Al riguardo ne dà una chiara descrizione un noto viaggiatore britannico del XIX secolo, Henry Clark Barlow, che annota quante e quali strutture belliche fosse necessario attraversare prima di entrane nella città, che chiudeva le proprie porte al tramonto, lasciando fuori chi non riusciva a varcarle in tempo: « Le fortificazioni dal lato terra sono molto possenti, si passa su ponti levatoi attraverso camminamenti fiancheggiati da formidabili batterie e comandati da bocche di fuoco, dirette verso la porta di ingresso; e quando si crede che le fortificazioni siano finite si scopre che occorre attraversare altri fossati, altri camminamenti, altre batterie; e quando si spera di essere giunti ai cancelli, c’è ancora mezzo miglio di trincee in prospettiva e ponti e fossati e batterie; e quando si è oltrepassati i cancelli, la città è ancora lontana, con un ponte e mura da oltrepassare. »
Bisognerà attendere la fine dell’Ottocento per lo smantellamento completo delle possenti architetture militari: di esse sono rimaste in piedi, e sono tutt’oggi ben visibili, il forte Vigliena (prima chiamato forte della Gradiglia) e il forte San Giovannello (ex forte della Ferraria). Va inquadrato nell’ottica militare anche il palazzo che ha ospitato il carcere ai tempi dei Borbone: la sua costruzione fu sollecitata dalle sempre più crescenti ribellioni dei siracusani nei confronti della monarchia napoletana. I Borbone quindi, non essendoci più spazio nel carcere che sorgeva dietro Piazza del Duomo, fecero edificare nel 1853 questa nuova struttura. Il palazzo è tuttora in attesa di restauro.
Nel 1735 venne edificata la caserma del Genio militare, in seguito intitolata al patriota siracusano Gaetano Abela. La caserma Abela è sita all’interno dell’area del castello Maniace: fino al 2001 fu sede del reggimento di Fanteria e del Genio guastatori, mentre al giorno d’oggi è diventata la dimora universitaria per la facoltà di architettura.
Con l’espandersi della città si è ampliata anche l’architettura militare. Nel decennio che precedette la seconda guerra mondiale sorse a Siracusa l’idroscalo (odiernamente sede del 34º Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare), seguito dalla costruzione della batteria Lamba Doria, che occupa 48.000 mq nella parte meridionale della Penisola della Maddalena, da numerosi bunker, disseminati un po’ ovunque, e dall’edificio sotterraneo per il deposito di carburante della Regia Aeronautica di Siracusa.
Sempre al secondo conflitto mondiale è legata la presenza della batteria di Capo Santa Panagia, oggi incorporata nella vasta area della base della Marina militare siracusana e da essa tutelata come bene archeologico bellico. Inoltre, d’interesse storico-bellico è divenuto l’ipogeo di Piazza Duomo, poiché questo lungo tunnel (che dal sito della cattedrale spunta al Foro Italiaco, presso la Marina) è stato uno dei principali rifugi della popolazione durante i bombardamenti dell’ultimo conflitto.
Altro elemento architettonico militare predominante di Siracusa sono le torri: l’area comunale che annovera molte (retaggio di un passato bellico incentrato sull’avvistamento e la difesa del territorio); ben 10 le principali: torre di Ognina, torre Cuba, torre Milocca, torre Tonda, torre Landolina, torre Teatro Greco, torre Pizzuta, torre Targia, torre Bosco Minniti, torre Modica.
Menzione a parte merita la costruzione simbolo della frazione di Belvedere: chiamato u Semafuru (il Semaforo), è una costruzione militare del XIX secolo composta da una torretta merlata sulla cui cima sorgeva fino al 1955 un’antenna luminosa che tramite alfabeto Morse comunicava con le navi sottostanti in transito e in avvicinamento ai porti di Augusta e Siracusa.
E ancora…
Il comune di Siracusa ospita nella piazza dei Cappuccini (accanto all’omonimo convento e all’omonima latomia) il monumento ai Caduti italiani d’Africa, risalente al periodo fascista ma assemblato solo decenni dopo il crollo del regime. Il monumento vuole commemorare i soldati morti sul continente africano durante la guerra coloniale. È composto da sei alte statue bronzee e da bassorilievi che raffigurano scene di battaglie, mentre i nomi dei luoghi dove si combatté sono stati incisi sulle pareti della costruzione. Al suo interno una cappella dedicata al legionario e al suo esterno è stata apposta in seguito una targa che ricorda anche le vittime dell’affondamento del transatlantico Conte Rosso, avvenuto poco distante dal luogo in cui è ubicato il monumento.
La città possiede inoltre tre storici fari, punti di riferimento per la navigazione marittima: il faro del castello Maniace, che di colore verde (così come verde è la sua luce) domina il promontorio della costruzione federiciana; il faro di Massolivieri, di colore rosso e costruito sopra un’antica abitazione rurale, funge da guida per segnalare la presenza del promontorio della Penisola della Maddalena; il faro di Capo Murro di Porco, il quale estende la sua luce bianca sul capo che gli dà il nome ed è il faro siracusano più famoso, oltre a rappresentare uno dei più importanti segnali luminosi della Sicilia orientale. Recentemente il demanio ha fatto rientrare il faro in questione tra le prime nove strutture del suo genere in Italia.
Sviluppandosi in parte su un’isola ed essendo da un lato attraversata da fiumi e canali, Siracusa ha nel corso della sua longeva storia edificato svariati ponti; attualmente il comune collega Ortigia al resto della città tramite due ponti, il più monumentale dei quali è chiamato Ponte Umbertino: dal sovrano Umberto I, che regnava quando esso venne costruito.
Nei pressi del Ponte Umbertino si segnala la presenza della statua di Archimede realizzata dallo scultore contemporaneo Pietro Marchese.
Il punto in cui sgorga la fonte Aretusa, con la struttura architettonica che la circonda, è uno dei luoghi più visitati di Siracusa: nei secoli ha mutato molte volte il proprio aspetto, venendo circondata da grosse fortificazioni, accogliendo nelle sue acque i papireti e divenendo persino il lavatoio delle siracusane nei tempi post-classici. Oltre a ciò, sull’isola sono concentrate diverse opere scultoree: su tutte spicca la novecentesca fontana di Diana, la quale mostra gli elementi principali della leggenda del dio oceanico Alfeo, della ninfa Aretusa e della sua protettrice, Artemide (la Diana dei Romani).
Rientra altresì nel patrimonio architettonico di Siracusa l’antica tonnara di Santa Panagia, dalle origini medievali (la sua fondazione risale al 1100), che con alterne vicende è rimasta attiva fino agli anni ’50 del XX secolo.